TERESA
L'ACCHIAPPAMOSCHE
Madre Teresa, una testimone
A cura di Dante Balbo
Sua Eccellenza Mons. Gianni Danzi, Segretario della Pontificia Commissione per
lo Stato della Città del Vaticano e Segretario Generale del Governatorato,
è intervenuto alla veglia di Avvento del 13 dicembre 1997 a Bellinzona.
Per rendere più agevole la lettura della sua testimonianza, abbiamo immaginato
di rivolgergli qualche domanda che facesse da filo conduttore.
D: Come ricorda il suo primo incontro con Madre Teresa?
R: Il mio primo incontro è stato nel 1984. Quando, dopo qualche mese
dalla mia partenza da Bellinzona, fui chiamato a svolgere le funzioni di coordinatore
del Giubileo internazionale dei giovani. Quell'incontro segnò l'inizio
di una sequela tesa a comprendere e vivere riflessi del carisma che avevo incontrato.
D: Poi è continuata la sua storia con lei?
R: Un secondo momento, potrebbe essere datato all'inizio 86. Dopo il viaggio
in India il Santo Padre espresse il desiderio di edificare in Vaticano una casa
per i "barboni" che poi sarebbe stata affidata, nella gestione, alle
Suore di Madre Teresa. lo ebbi il compito della realizzazione di quell'opera.
Fu così l'inizio di un rapporto di stretta collaborazione con la Madre.
Lei era persona molto concreta, entrava operativamente nelle cose. Spesso interveniva
quando si stava progettando la casa e diceva: "No, questo particolare,
... qui non va bene perché ... si deve fare questa modifica". Le
modifiche richieste toccavano sempre la nostra idea distorta di povertà
e di condivisione. Non si può vivere con i poveri senza vivere come loro.
Il 21 maggio dell'87, se non ricordo male, si inaugurò la casa dei barboni
in Vaticano: le fu dato il nome "dono di Maria". Da quel giorno molte
volte ho potuto vivere le mie sere, al ritorno dall'ufficio, con gli ospiti
della casa e con le Suore della Carità imparando così la gratuità
del servizio, la donazione di sé, il vivere tra i più poveri dei
poveri, come li soleva definire Madre Teresa. Si instaurò così
un rapporto di vera amicizia con la Madre. Tutte le volte che Ella veniva a
Roma ci incontravamo; regolarmente, veniva a trovarmi in Ufficio, per darmi,
quasi sempre, una nuova "grana" da risolvere.
Madre Teresa, infatti, era un po' come quei vecchi acchiappamosche che c'erano
quando eravamo bambini, e che si appendevano in vari punti della casa ..., pam,
pam, tutte le mosche andavano a finire li attaccate. Tutti i "guai"
andavano a finire su di lei ... Poi cercava qualcuno che l'aiutasse a risolverli.
D: Se dovesse sintetizzare chi è stata Madre Teresa per lei ...
R: È stata la testimonianza di come si possa appartenere totalmente
ad un Altro.
Lei parlava di Dio più che con la parola, con la sua presenza fisica.
Le conversioni, nell'incontro con Lei, non avvenivano per la saggezza o la profondità
della sua parola ma per l'impatto con la sua persona. Era un testimone di una
appartenenza ad un Altro, che per questa sua appartenenza ti accoglieva per
quello che eri.
Tutte le persone che l'accostavano, anche coloro che l'hanno usata politicamente,
comprendevano che Lei apparteneva a Dio, alla Chiesa e al povero.
Questa sua appartenenza era così radicale e profonda nella vita da renderla
libera da ogni condizionamento. Quante volte mi è capitato di metterla
in guardia contro la strumentalizzazione di questo o quel politico ma Lei rispondeva:
"... non importa: ciò che conta è testimoniare il Destino
dell'uomo, è manifestare il Signore del cuore umano". Per lei significava
una cosa sola: la sua appartenenza a Dio. Questo era pure il fondamento della
sua libertà, del suo essere rispettosa della storia di ogni persona che
incontrava ed essere così segno della misericordia divina che sempre
sa accogliere l'uomo.
D: Quale può essere il testamento di Madre Teresa per noi?
R: Una radicale appartenenza al Dio nella storia, - non al Dio del sentimento,
né a quello della teologia, - ma al Dio della incarnazione, del Natale,
che fa la storia, e quindi della Sua radicale appartenenza alla Chiesa e al
bisogno dell'uomo.
Madre Teresa era una donna pienamente e totalmente consegnata alla Chiesa. Chiunque
la incontrava e la seguiva, - rispettando i ritmi di Dio veniva condotto alla
Chiesa e consegnato a Lei.
Non a caso intorno al carisma di Madre Teresa sono nate le suore di vita attiva,
le più note, e contemplativa, e le Missionarie laiche e, da tre, quattro
anni, i Sacerdoti della Carità.
Madre Teresa portava chiunque incontrava dentro la Chiesa, luogo definitivo
del suo essere e le sue opere sono sempre state opere di Chiesa.
La sua vita fu una perenne testimonianza di ciò che il Santo Padre ha
detto nell'omelia della prima domenica di Avvento: "... Amate la Chiesa
che è santa, perché purificata dal sangue di Cristo sulla croce.
La Chiesa è santa solo per questa presenza operante della salvezza di
Cristo."
Le famiglie di Madre Teresa hanno, oltre i voti di povertà, di castità
e di obbedienza, un quarto voto: quello del servizio dei poveri tra i più
poveri. Ma che cosa significa questo, se non il servizio all'uomo?
All'uomo reale, all'uomo concreto che spesso è povero, perché
solo, perché espropriato della coscienza del suo essere, perché
schiacciato in un fare che tende all'oblio del suo destino. Quanta gente noi
incontriamo, nella società del benessere, che ha molto, ma ha perso la
coscienza di sé: è sola.
D: Come si può concretamente interpellare questa radicalità di
Madre Teresa?
R: Mi pare che leggere il carisma di Madre Teresa nel quotidiano possa e
debba voler dire per ognuno di noi, avere il coraggio e la capacità di
lasciarci appartenere da un Altro.
È un Altro che ha preso l'iniziativa verso noi per farci suoi. "Non
voi avete scelto me ma io ho scelto voi e vi ho costituiti" (Gv. 15,16).
Lui, nella Sua iniziativa verso di noi, è fedele.
Il vero problema della nostra vita non sta nella nostra capacità di risposta,
ma nello stupore che determina il nostro vivere perché coscienti che
Lui che ha iniziato questa opera in noi, la porta, senza dubbio a compimento.
La Madonna, che spesso incontriamo nella liturgia dell'Avvento e sulla quale
spesso meditiamo, che cosa ha veramente capito di ciò che l'Angelo le
proponeva? ... A me piace pensare solo quel tanto che l'ha resa capace di dire:
"ci sto". Il resto lo ha fatto la potenza di un Altro.
Ciò che deve emergere nella vita è un sì per sempre,
che spacca la frammentarietà e pone la persona nella totalità
della salvezza, un sì che colloca l'uomo nell'oggettività della
vita, un sì che rompe la precarietà e l'emotività, un sì
che non si accontenta della disponibilità saltuaria che forse troppo
spesso caratterizza il volontariato.
In una delle nostre ultime conversazioni Madre Teresa mi diceva: "... il
nostro tempo avrebbe bisogno di meno volontari e di più persone che si
consacrano al Signore."
Il nostro tempo deve ritornare tempo di uomini e donne che testimonino l'amore
a Cristo per tutta la vita e in questo, si carichino del bisogno dell'uomo.
Se fino a ieri madre Teresa è stata per me un testimone, da oggi, è
un intercessore.
Non c'è bisogno che la Chiesa la metta sugli altari; ognuno di noi, è
certo che Ella è ormai nella pienezza del Padre, a Lei possiamo rivolgerci
come intercessore perché chieda allo Spirito, con insistenza, di farci
testimoni di quella pienezza di vita che il Signore dona a tutti coloro che
sanno dire il loro "sì" alla sua iniziativa.